città dei libri

Le città del libro, modello culturale ed economico

Non dubito che anche a voi sia capitato di sentir parlare di piccole cittadine sparse nel mondo in cui ci sono più libri che abitanti, con quantità di librerie presenti incredibili definite Città del libro. A noi lettori questa cosa piace, rispecchia il nostro mondo ideale. Ma attorno a questi luoghi c’è un’attività non certo casuale, spesso non tanto romantica, ma che vale la pena conoscere.

Ripopolare i paesi attraverso i libri

In Spagna, e più precisamente in Castiglia, c’è un paese verso cui sono stati indirizzati molti investimenti con l’obiettivo di ripopolarla. Il denaro giunto a Urueña, questo il nome del paesino medievale di cui stiamo parlando, è stato speso per renderlo un centro culturale e più specificamente un punto di riferimento riguardante i libri. Dal 2007 sono state ristrutturate case e date ai librari per aprire nuove librerie, chiedendo solo un affitto simbolico. Inoltre, sono stati fatti investimenti in termini di progetti culturali: conferenze, corsi e formazione di diverso tipo. Oggi Urueña è il primo Villaggio del libro della Spagna che ha sviluppato un turismo e un’attività economica grazie alle tante persone che si riversano in questo centro unico nel suo genere.

Il turismo letterario

L’idea spagnola di creare una città del libro non è rimasta isolata. Infatti, proprio quest’anno, sta provando a replicare l’esperimento nel paese di Calonge (qui), in Catalogna. L’esperienza in Urueña non ha portato una ripopolazione del paese, ma certamente ha sviluppato un’attività economica di tutto rispetto. Se i librari hanno dovuto essere aiutati per fare fronte ai costi, se le attività culturali hanno avuto bisogno di un sostegno economico, l’indotto che la visita a questi luoghi ha prodotto è facilmente immaginabile. Va considerato un fatto: ciò che i lettori decidono di fare e di leggere muove grandi quantità di denaro. Basti pensare che in Italia più del 50% dell’editoria si regge sulla lettura di lettori medi-forti (qui). Se consideriamo che sono lettori meno del 50% degli italiani e che di questi sono lettori forti il 9%, capiamo quanto siano importanti le loro scelte anche in termini economici.

Modelli da imitare

Prima di queste esperienze spagnole c’è stato Hay-on-Wye, villaggio scozzese che certamente noi lettori abbiamo visto su qualche pagina internet e quelli più fortunati hanno visitato. Le foto delle librerie in mezzo alle costruzioni tipiche del luogo rendono la visione semplicemente magnifica. Da cinquant’anni Hay-on-Wye è meta di amanti dei libri e dimostra come questo modello possa durare nel tempo. C’è da chiedersi quanta indipendenza economica queste esperienze ottengano, ma se per così tanto tempo un paese con 1800 abitanti e 40 librerie continua a esistere, non c’è dubbio che anche da questo punto di vista la scommessa è vinta. Ma perché in Italia non esistono ancora realtà di questo tipo?

Le città del libro “itineranti”

Nel nostro paese ogni anno viene designato dal Ministero della Cultura la Capitale del libro, città indicata come la più dedita ad attività legate alla lettura. Questo però non ha nulla a che fare con le Città del libro di stampo europeo di cui abbiamo appena parlato. Credo però che molti dei festival letterari che vengono organizzati gli assomiglino. A settembre sono stato al Festivaletteratura di Mantova e ho vagato felice tra i libri e le tante attività disponibili. È il luogo ideale per i lettori e credo che anche gli esercenti siano felici di vedere riversate nelle vie della città tante persone. Ma sarebbe bello avere anche in Italia un paese che vive tutto l’anno di libri.

Le nostre città possono essere Città dei Libri

Consideriamo però che la cultura del libro la fanno prima di tutto i lettori stessi. Io sono solito, di tanto in tanto, fare quello che chiamo shopping libresco: giro per la mia città ed entro in librerie di ogni tipo con l’intento di trovare nuovi libri da acquistare, ma anche solo per visitarle e perdermi tra i titoli. A volte faccio anche sosta in una biblioteca per cominciare a leggere i libri trovati. Piccoli piaceri di un lettore in attesa che una città del libro in Italia diventi una sua meta.

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