violenza donne 2022

Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: perché questa data

Le sorelle Mirabal e il 25 novembre

Il 25 novembre del 1960 le sorelle Mirabal furono uccise per la loro partecipazione attiva nella resistenza contro il dittatore Turijllo. Nel 1999 l’Onu scelse proprio questa data per celebrare la lotta contro la violenza sulla donne. Patria, Minerva, Mate e Dedè (morta successivamente, ma erede preziosa per la trasmissione ai posteri degli eventi nonostante non sia stata attiva nell’attività della resistenza) sono state eroine, donne incredibili, il cui primo merito è stato quello di capire prima di altri ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Provenienti da una famiglia benestante, colte, intelligenti e belle, le sorelle Mirabal rappresentano un esempio. Ma c’è una cosa che non va dimenticata: non serve un merito per essere difese dalla violenza, tutte le donne ne hanno diritto ed è anche questo che le sorelle Mirabal ci insegnano.

Il tempo delle farfalle

Se volete conoscere la storia delle sorelle Mirabal, vi consiglio il libro scritto da Julia Alvarez intitolato Il tempo delle farfalle. Le vicende delle quattro sorelle vengono narrate attraverso un linguaggio romanzato, ma senza tradire la storia realmente accaduta. Il linguaggio letterario è necessario, soprattutto in casi come questi, perché le date e i freddi avvenimenti non sono in grado di restituirci i sentimenti, le persone che erano, le emozioni che hanno provato, le paure e il coraggio. È però necessario sventare un pericolo: quello di equivocare la forza delle sorelle Mirabal come il prerequisito necessario per considerare le donne degne di ricevere aiuto. Non esiste mai mai mai il “se l’è voluta”. Ci sono condizioni pregresse e situazioni presenti che impediscono a una donna di liberarsi perché non esistono solo le violenze fisiche, ma anche quelle psicologiche, vessazioni che hanno proprio l’obiettivo di legare le donne con catene invisibili.

Per un futuro migliore

I fatti di cronaca che ci colpiscono sono quelli che riguardano le donne uccise. Ma loro rappresentano la punta di un iceberg. Le donne maltrattate e violentate ogni giorno nelle loro case sono numerose e spesso sconosciute ai numeri che vorrebbero contarle. Recuperare le vite perdute non è più possibile, ma trovare delle modalità per salvare quelle in pericolo è doveroso: cogliere segnali, parlare in modo diretto e indiretto alle persone che consideriamo in difficoltà, mostrarsi aperti all’ascolto e all’aiuto. E poi deve diventare normale parlare ai nostri figli di questo problema, non crescerli all’insegna degli stereotipi di genere, mostrarci come genitori una coppia che non mostra ombre di prevaricazione uno sull’altra, in cui il padre stende il bucato senza imbarazzi e la madre pianta un chiodo senza difficoltà. Perché se molte donne sono morte, se moltissime di loro vivono tra le mura domestiche violenze inenarrabili nella speranza di liberarsi, è la cultura della non violenza mostrata e insegnata che potrà portare a un futuro in cui le donne, tutte le donne, potranno dirsi libere di amare o di non amare, senza timori. Perché anche questo è un diritto fondamentale che deve essere difeso.

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