Oggi conosciuto poco dal grande pubblico, Luigi Meneghello è uno scrittore che ha rappresentato le radici più profonde della cultura italiana del primo Novecento e del secondo dopoguerra. Nato nel 1922, quest’anno ricorre il centenario della sua nascita, assolutamente trascurato dai media (e figurarsi dai social), ma che merita, invece, di essere ricordato.
La prima vita italiana
Luigi Meneghello nasce a Malo vicentino, nel Veneto. Figlio di una maestra di Udine, chissà quanto questa donna avrà inciso sui suoi studi umanistici!
Frequenta il liceo classico, si ritrova nell’Italia fascista a vincere i Littorali della cultura nel periodo che frequenta l’Università a Bologna, alla facoltà di Lettere. Questo gli permetterà di scrivere su un giornale padovano Il Veneto. Ma sarà l’università che gli consentirà di conoscere professori eminenti e persone di cultura che lo segneranno per sempre. Sono gli anni della guerra e la consapevolezza delle nefandezze fasciste arriva e con essa il tentativo di portare il proprio contributo attraverso l’attività nella resistenza. Descriverà l’esperienza nei Piccoli maestri.
Finita la guerra si laurea e vince un concorso del British Council per una borsa di studio all’Università di Reading (Regno Unito) e nel settembre 1947 lascia l’Italia. Per sempre.
La seconda vita italiana
Nel Regno Unito Meneghello si occupò sempre di materie legate alla cultura e alla lingua italiana. Come spesso accade alla maggior parte dei migranti, la nostalgia per la terra natia la rende più reale di quando la si calpesta. Il suo primo libro Libera nos a Malo rappresenta la cultura popolare del paese in cui è nato e cresciuto, in cui il dialetto è considerato una vera e propria lingua, così come la vita contadina e le sue diverse sfaccettature quotidiane sono descritte come l’unica cultura autentica. Intellettuale di grande levatura, nel 1961 crea un dipartimento universitario di studi italiani che dirige fino al 1980 quando si dimette per dedicarsi completamente alla scrittura. Quella vita umile, che aveva toccato con mano, rimane per lui l’unica che merita di essere narrata con nostalgia, stando in quella seconda patria che non riuscirà mai a scalzare la prima nel suo cuore.
La cultura non vista
Meneghello è un autore davvero unico. La sua scrittura non si limita a narrare. I suoi libri, dal sapore fortemente identitario di una parte d’Italia che, per via della veloce industrializzazione, ha visto scomparire in breve tempo una cultura popolare secolare, hanno saputo osservare oltre ai fatti, anche la lingua. L’Italia del boom economico e la diffusione degli apparecchi televisivi hanno fatto in modo che l’italiano sostituisse i dialetti, considerati linguaggi volgari e da abbandonare. Oggi sappiamo che anch’essi sono patrimonio culturale da conservare. Meneghello fu precursore dei tempi, grazie alla nostalgia cullata per tutta la vita, che gli ha permesso di immortalare nei sui libri quel linguaggio che tra non molto tempo potrebbe sparire per sempre. E a quel punto, solo gli scritti rimarranno come testimoni.
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