Da un anno a questa parte ho smesso di pubblicare le recensioni dei libri sul mio sito, preferendo spostarle su Instagram. Ma temo che sia stato un errore e adesso vi spiego perché.
Quanto contano i social nel parlare di biblioterapia?
Quando ho iniziato a lavorare con la biblioterapia, i social non erano quello che sono adesso. Era il 2010 e gli smartphone come li conosciamo oggi, contenenti social e app di ogni tipo, non erano ancora arrivati, anche se non sarebbe passato così tanto tempo per vederne la comparsa. Ho aperto il sito Biblioterapia Italiana sottoforma di blog e ho utilizzato il mio profilo Facebook per fare timidi tentativi di condivisione di ciò che stavo facendo. E mi sembrava un’impresa titanica. Certamente è stata un’attività necessaria. Oggi lavoro sui social a diversi livelli, incluse le attività che svolgo in università, dove vengo invitato a utilizzarli. Dopo che sono diventato un libero professionista, mi sono fatto seguire da una marketer: in quel momento mi sono reso conto della mia goffaggine nell’utilizzare i social e tutti gli altri strumenti, e sono corso ai ripari. Oggi continuo a studiare questo aspetto del mio lavoro e sono consapevole che fare la scelta più efficace non è facile. Ma sto imparando.
Quando è efficace parlare di libri sui social?
Sui miei social non esiste la mia vita privata. Non è una scelta strategica. I miei figli, oggi ventenni, non sono mai comparsi suoi miei social, neppure nella primissima fase di Facebook, quando si sperimentava con entusiasmo questa condivisione di massa degli affari propri. Sui social porto il mio lavoro, la vita privata che riguarda le attività con la biblioterapia e tutto ciò che ci gira intorno. Sono molto concentrato a dare vita a comunità di facilitatori di biblioterapia, in essere o futuri, così come di amanti dei laboratori e, più in generale, dei libri. E sono proprio questi ultimi, come argomento sui social, che più mi sta dando da pensare. Da un anno circa a questa parte non pubblico più le recensioni dei libri qui sul sito, bensì, in forma più stringata, su Instagram, che sto imparando a usare con non poca fatica. Mi permetto di dire che sono diventato bravino e forse proprio per questo mi sto rendendo conto di alcune cose. La prima è che Instagram è pieno di gente che recensisce libri. Per non parlare dei Booktoker che su Tik Tok stanno spopolando. Ho provato anch’io a utilizzare questa piattaforma, ma proprio non ce la faccio, temo di avere una quarantina d’anni di troppo. È sicuramente un mio limite, ma non ho nessuna intenzione di inseguire le tendenze del momento mettendo a rischio la mia salute mentale. Piuttosto, sto pensando addirittura di fare un passo indietro. Quanto meno per parlare di libri.
Ritorno al passato (o verso il futuro?)
Sarah Zama, scrittrice italiana in lingua inglese di fantasy ambientati negli anni Venti e content marketer con cui mi ritrovo settimanalmente per aggiornarmi sulle attività di marketing, mi ha fatto avere il post di un’esperta che mi ha illuminato su una questione vitale: i contenuti dei social scompaiono in fretta, mentre le attività sul sito restano. Una delle mie difficoltà nel marketing culturale che porto avanti è capire perché mi sto affannando e utilizzando il mio tempo nella rete quando potrei servirmene per leggere e studiare. So che non ho scelta perché Internet è una vetrina irrinunciabile. So che il mio target è composto da persone adulte che si dividono tra Facebook e Instagram. Ma grazie al suggerimento di Sarah, ho capito che il mio sito è un punto di partenza irrinunciabile e aver spostato le recensioni dei libri dal sito a Instagram è stato un errore. Sono i contenuti del sito che vengono indicizzati da Google e non quelli sui social, meno che mai quelli su Instagram, dove vale la pena lavorare, ma non in maniera esclusiva. Perché è sul sito che chi è interessato può trovare sempre, anche a distanza di tempo, quello che scrivo.
Recensire libri come biblioterapia
C’è un assioma in biblioterapia fondamentale: non esiste il libro specifico che “cura” un determinato problema. Il libro che fa bene a me, può non far bene a un altro. Possiamo piuttosto cercare le potenzialità di uno scritto con la prospettiva di prenderlo in considerazione per noi stessi come lettori o per un laboratorio se siamo facilitatori di biblioterapia, ma senza alcuna certezza. Questo è fondamentale perché altrimenti si cade nella tentazione, tra l’altro molto diffusa, di creare dei prontuari di lettura, come se i libri fossero farmaci dall’efficacia certa. In letteratura nulla è certo. E per fortuna, dico io. Certi testi fanno miracoli incredibili su alcuni e non su altri, che vanno accompagnati a cercare il testo più adatto a loro: in fondo non è proprio questo la biblioterapia?
Per concludere
Non ho ancora deciso quando inizierò, ma l’intenzione è di riprendere a scrivere le recensioni dei libri che leggo sul sito, inserendo riflessioni sul loro utilizzo biblioterapeutico in modo elaborato. Su Instagram, ma di più su Youtube, potrei fare qualche video, meno dispendioso in termini di tempo. Al momento ho già sospeso i post di recensione dei libri su Instagram. E con il tempo guadagnato ho già iniziato un nuovo libro.
LEGGI ANCHE COS’È LA BIBLIOTERAPIA