È affiorato in questi giorni un ricordo riguardante l’inizio della mia attività di biblioterapia full-time che è avvenuta dopo la prima pandemia. Una delle prime cose che ho fatto è stato organizzare un’attività in presenza, con tutte le norme complicate richieste, insieme alla storica dell’arte Sabrina Baldanza. A pensarci adesso sembra tutto assurdo, ma quel luglio di tre anni fa è stato davvero incredibile scoprire che è la cultura che ci salva.
Raffaello per tornare in presenza
Io e Sabrina Baldanza insieme facciamo quelli che amiamo chiamare “conferenze artistico-letterarie”: diamo vita a una narrazione a due voci in cui io utilizzo testi letterari o saggistici per parlare dell’artista scelto mentre Sabrina, con l’ausilio di slide, analizza le opere e le descrive, mantenendo sempre un linguaggio discorsivo e mai eccessivamente tecnico. La nostra collaborazione è iniziata nel 2019, quando abbiamo lavorato su La felicità di Leonardo in occasione del settecentesimo anniversario della morte. È stata un’esperienza entusiasmante e pensare di replicarla con un altro artista è stato naturale. E senza bisogno di pensarci troppo, ci siamo affidati ancora una volta a un anniversario: quello della morte di Raffaello Sanzio, che cadeva proprio nel 2020: quale modo migliore per ritornare vicini dopo un momento così difficile?
La cultura come ritorno alla normalità
Non tutti possono immaginare la difficoltà che in quell’anno è stato organizzare un evento in presenza. C’erano linee guida regionali da seguire e non erano semplici. Ricordo ancora le problematiche logistiche nel sistemare, metro alla mano, le sedie alla giusta distanza. Avevamo deciso di organizzarci nel giardino di casa mia, dove un terrazzo poteva accogliere i partecipanti e un lenzuolo bianco appeso diventare uno schermo dove proiettare le slide. Per rendere più confortevole l’incontro, avevamo preparato una ciotola con dei dolcetti in monoporzione che consegnavamo, chiedendo a tutti di stare seduti al proprio posto per evitare contatti ravvicinati tra loro.
Una volta presa posizione, all’aperto, chi voleva era autorizzato a togliere la mascherina in quel luglio semplicemente incredibile agli occhi di chi oggi ha dimenticato quel disagio. Un disagio che, non appena cominciammo a proiettare colori magnifici e a parlare del grande Raffaello e del suo mondo, scomparve.
Quello che abbiamo imparato
Nonostante tutti i problemi che ha portato la pandemia, abbiamo imparato delle cose. La prima è che la cultura, in ogni campo, rimane una risorsa importante. Forse sono ancora troppo poche, ma c’è un certo numero di persone che, nel desiderio di conoscere e sperimentare, trovano il motivo di incontrarsi. La seconda riguarda la riscoperta del valore dell’incontro con l’altro che, allo stesso tempo, ha mostrato la possibilità di vedersi in video con vantaggi non indifferenti. Infine, è stato stupefacente scoprire quante risorse possiamo trovare in noi nel momento del bisogno. In quel periodo sono aumentate le fragilità mentali, ma c’è stata anche la scoperta di nuovi modi per far fronte a un momento terribile come quello che abbiamo vissuto. Per alcuni è stata la lettura. Per altri la propria inventiva. Per altri ancora la biblioterapia. Per tutti, la scoperta che la ricerca di nuovi modi per stare bene non può e non deve mai arrestarsi.
Conclusioni
Volgere lo sguardo indietro mi aiuta a capire meglio cosa cercare davanti a me. Non si tratta di indugiare sui momenti di difficoltà, ma di comprendere meglio il significato di ciò che vivo nel presente. E se ieri sono riuscito a fare qualcosa che ha fatto star bene gli altri e me stesso, guardando il domani spero di poter fare ancora meglio.
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