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Serve davvero leggere ai figli?

Ci sono genitori che leggono abitualmente ai loro figli e a un certo punto si rendono conto che la passione per la lettura che volevano trasmettergli non si manifesta. Spesso mi sento chiedere da loro che senso abbia avuto la loro dedizione se i risultati sono stati così deludenti. Rispondo a tutti coloro che sono interessati a questo argomento partendo dalla mia personale esperienza, padre di due figli: uno lettore e uno no.

Le letture ascoltate sono un luogo a cui i figli tornano

Mio figlio nei prossimi giorni lascerà la nostra casa per andare a vivere con la sua ragazza. È un momento particolare per noi e per lui, anche se non è una notizia inaspettata ed è sufficientemente adulto per compiere questo passo. Ma iniziare una vita nuova comporta sempre un movimento di emozioni del tutto particolare e la nostalgia si manifesta ancor prima di lasciare il luogo dove si è cresciuti.
Con mia grande sorpresa stamattina mentre lavoravo nel mio studio è venuto a chiedermi alcuni libri che gli leggevo da piccolo o che gli avevo comprato affinché li leggesse da solo. Voleva riguardarli e condividerli con la sua ragazza. Ovviamente ho mollato immediatamente quello che stavo facendo e ho cominciato a impilare tutte le letture che avevo fatto per lui e per suo fratello e acquistato, tentando di renderli dei lettori. Man mano che prelevavo i volumi dagli scaffali, lui si stupiva rivedendoli, esclamando la sorpresa di osservare emergere dei ricordi così lontani, ma anche così belli. Vi chiederete: e quindi? E quindi lui è il figlio che da adulto non è diventato un lettore. E qui viene il bello.

Le letture dei padri ai figli

Nei miei figli, entrambi abbondantemente ventenni, vedo chiaramente i risultati di ciò che le mie letture a voce alta e ciò che gli ho fatto leggere hanno prodotto. E ne sono soddisfatto. Sono soddisfatto anche del mio maggiore che non è diventato un lettore. Lo sono perché le letture che abbiamo svolto hanno comunque lasciato dei segni tangibili. Il primo è legato al nostro rapporto padre-figlio che ha beneficiato di un canale comunicativo che è passato attraverso la magia del testo, ma anche dall’acquistare insieme libri e frequentare le biblioteche. So che questo post verrà letto soprattutto dalle madri (statisticamente sono donne coloro che frequentano il mio sito e tutte le attività che riguardano i libri e la biblioterapia), ma vorrei che il messaggio arrivasse in qualche modo anche ai padri. Perché anche coloro che svolgono professioni che li tengono lontano da casa per tutto il giorno potrebbero sviluppare una relazione significativa e più forte a partire dal poco tempo dedicato a leggere con loro. Se sono costretti a ritagliarsi solo tempo di qualità da dedicare ai figli, quella qualità passa per certo dal leggere insieme.

Le attività collaterali alla lettura

Una volta instaurato il rito della lettura, che può essere inserito la sera prima di dormire, ma in generale in qualsiasi momento della giornata, è possibile rafforzare la relazione attraverso attività collaterali. Oggi le biblioteche sono sempre più disponibili ad accogliere i giovani lettori e i loro genitori. Entrare in biblioteca può significare anche condividere gli spazi, ma non la lettura. Il bambino che trova un libro da leggere da solo e il padre che fa altrettanto, ma vicini, è un momento ricchissimo che all’adulto dà la possibilità di ritagliarsi un momento per sé stesso che magari non avrebbe trovato, pur rimanendo all’interno di una relazione fruttuosa con il proprio figlio. Per una buona relazione con i propri bambini credo non serva solo parlare, ma anche semplicemente stare (magari in biblioteca uno di fronte all’altro).
Tra le attività collaterali c’è anche lo “shopping libresco”. Comprare libri, fumetti e quant’altro legato alla lettura può essere un momento di complicità davvero bello. Scegliere dei libri da acquistare significa confrontarsi, parlarne, fare dei compromessi. Spesso i bambini sono attratti più dalla copertina o dal personaggio del cartone animato che dal contenuto e dalla qualità del libro, e farglielo capire non è sempre facile. Tutto questo non può che tradursi in una relazione ricca e duratura. E se il pargolo non diventerà un lettore, poco male: ciò che si è guadagnato è comunque molto.

E se i genitori non sono dei lettori?

Il vero problema è sentire dei genitori che chiedono come rendere i propri figli dei lettori, scoprendo poi che loro non lo sono. Cosa posso mai rispondere? Non è mai troppo tardi per iniziare a leggere. Ma nel caso non si riuscisse proprio a superare l’ostacolo, se non si legge per sé, leggere con i propri figli si può sempre. Anche senza dare l’esempio, almeno la lettura della buonanotte non dovrebbe mai mancare. Richiede uno sforzo minimo e dà grandi risultati. All’estero esistono anche attività di biblioterapia familiare gestita dai genitori, ovvero una lettura in cui è possibile aprire un dialogo ben strutturato a partire da quello che si legge insieme. Ma questo è un caso che va ben oltre, dove i genitori ricevono una formazione specifica e loro sono già lettori forti, desiderosi di andare oltre a quello che da sempre fanno.

Conclusioni

Mai e poi mai rinunciare a leggere ai propri figli. Mai e poi mai utilizzare mezzi meccanici, dallo smartphone alla tv, per far raccontare la storia alla propria prole, anche se la cosa viene pubblicizzata come positiva (vedi qui). È terribile pensare che ci sono bambini che si addormentano ascoltando una voce che, seppur splendida, proviene da una macchina. A chi chiederà spiegazioni su quello che sente? Stiamo aspettando che anche questo compito venga affidato all’intelligenza artificiale? Se questo accadrà, e non dubito che accadrà, la responsabilità non sarà dello strumento, ma dei genitori che lo sceglieranno.

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