Dopo questi mesi di presentazione del Master in Biblioterapia, arrivato alla sua terza edizione, è giunto il momento di programmarne l’inizio. All’Università di Verona stiamo terminando le immatricolazioni e organizzando affinché si inizi al meglio.
Insieme si vince sempre
Mentre si costituisce il nuovo gruppo, ci sono gli studenti della seconda edizione che ancora stanno lavorando, arrivati ormai a metà del loro percorso. Sono loro a cui ancora ci stiamo dedicando e che ci aiutano a migliorare l’offerta formativa che ormai per la terza volta (in realtà per la quarta considerando il primo corso di aggiornamento sulla biblioterapia da cui è nata poi l’idea del master) possiamo tornare a offrire l’unico master in Italia sulla biblioterapia organizzato da una università. Non si tratta solo di lavorare in aula frontalmente come forse siamo spesso abituati a pensare accada negli atenei. Operiamo in seminari, in simulazioni, ma anche in discussioni di gruppo. Inoltre è profonda l’intesa personale che si sviluppa, soprattutto con noi docenti di indirizzo, e gli studenti. Perché esattamente come accade nei laboratori di biblioterapia, lavorare in gruppo è un valore aggiunto anche nella formazione e ciò permette di moltiplicare le risorse personali che ognuno mette a disposizione.
Si può fare sempre meglio
E mentre sono nel pieno del lavoro con i project work del master in corso, che mi vengono sottoposti, e impensierito per i 19 elaborati che dovremo leggere a maggio per la discussione delle tesi di giugno, l’accoglienza dei nuovi studenti è già una questione presente. Infatti, da quest’anno, per prolungare il tempo per lo stesso lavoro che i colleghi stanno facendo adesso, inizieremo le lezioni a gennaio anziché a marzo. Ciò significa che la sovrapposizione delle due edizioni mi terranno più a lungo impegnato perché oltre a essere referente e docente del master, sono anche tutor d’aula: tradotto, sono presente a tutte le lezioni di tutte le materie, sbrigo tutta una serie di faccende burocratiche e preparo e tengo le mie lezioni. È impegnativo, ma necessario, non solo per tenere le redini della situazione, ma anche per capire come migliorare sempre di più. Difficile? Certamente non facile, ma anche arricchente e stimolante.
Ognuno trova il suo modo di lavorare con i libri
Devo anche dire che sento una certa responsabilità verso questi studenti (in realtà quasi tutte studentesse, e qui ci sarebbe da parlare a lungo del perché i professionisti di genere maschile faticano ad avvicinarsi alla biblioterapia) oltre che il piacere di stare con loro e di conoscerli. Ognuno di loro porta con sé una storia personale e professionale, con i propri sogni e le personali aspettative. Talvolta sono incerti sul cosa li aspetta, altre volte sono più sicuri, ma poi trovano un ostacolo che però si rivela necessario per crescere. Per tutti c’è la convinzione che il potere dei libri è reale e non importa se viene chiamata biblioterapia, booktherapy, libroterapia, shared reading o in qualsiasi altro modo. Esiste e va gestito in modo che ogni professionista possa utilizzare questo potere in modo corretto all’interno dei propri confini professionali. E il mio compito è aiutare ognuno a trovare il proprio modo per farlo.
Che si vada a scuola con Harry, a colazione da Tiffany o tra le nebbie di Avalon, in ogni caso entriamo nel mondo delle parole, quelle che costruiscono mondi che noi amiamo e che possiamo far amare anche agli altri.
Conclusioni
Involontariamente, già lo scorso anno ho utilizzato un motto per concludere la mail di benvenuto inviata ai nuovi iscritti spedita in questi giorni per gli studenti della terza edizione. Lo utilizzerò nella pagina dedicata al master che inserirò a breve sul sito del centro di ricerca Biblioterapia e Shared Reading. I libri per il benessere. Mi piace pensarlo come un urlo di battaglia di un esercito che come arma brandisce libri e recita così: prendiamo il nostro amore per i libri e trasformiamolo in bibioterapia. Non vi sembra adatto a un gruppo che si prepara a studiare tutti i modi per utilizzare la letteratura nella loro professione?