passato futuro

Guardare al passato per vedere il futuro

In questi giorni ho lavorato per montare un video, costruito con foto, riguardanti i 16 anni da quando ho iniziato a studiare la biblioterapia. Della maggioranza di quello che ho fatto non ci sono testimonianze fotografiche, ma quelle poche che ho recuperato mi hanno fatto fare un vero e proprio salto nel passato, concedendomi uno sguardo sul futuro.

Lo studio è sempre la scelta giusta

Ho cominciato a frequentare la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Verona nel 2007. Avevo 36 anni. Mentre studiavo le Tre Corone, sbirciavo nella letteratura tedesca e mi lasciavo affascinare dalla storia dell’arte moderna, scoprivo dell’esistenza della biblioterapia. È stata così la partenza e quei 5 anni mi hanno profondamente plasmato. Capisco quando i giovani mi dicono che la laurea non serve per avere successo nel lavoro, ma nel mio caso è stato indispensabile non solo acquisire il minimo necessario, ovvero la laurea triennale, ma anche completare il ciclo con quella magistrale. Di quella scelta sono ancora convinto. Guardo con interesse i booktoker, che macinano follower e successi. Ma la biblioterapia è un’altra cosa. L’amore per i libri è indispensabile, ma non sufficiente.
Guardo quelle foto e penso a quante cose non sapevo prima di quel momento. E quanti capelli però avevo ancora in testa.

La necessità di fare gavetta

Il decennio che va dal 2010 al 2020 è stato quello in cui ho cominciato a esercitare la biblioterapia, lavorando contemporaneamente in ospedale. Dal repertorio fotografico manca tutta la parte riguardante i primi interventi, molto modesti, nei convegni infermieristici e medici. Mancano anche le attività con i gruppi, che non potevano (e neppure ci avevo pensato) essere fotografati. Non dimentichiamo che lo smartphone come lo abbiamo oggi stava nascendo, i cellulari servivano ancora per telefonare e poco più. Le foto non venivano diffuse, se non attraverso Facebook. Avevo aperto il mio blog sulla biblioterapia, ma le cose che riuscivo a fare con gli strumenti di allora erano ben più modeste di quello che è possibile fare oggi.
È stato un periodo faticoso, fatto di molte occasioni, ma soprattutto di porte che mi sono state sbattute in faccia. È vero, si chiama gavetta, certo necessaria, ma non posso negarne il peso talvolta scoraggiante.
Il lavoro che oggi sto svolgendo con l’Università di Verona attraverso il Master e il centro di ricerca sulla Biblioterapia rappresentano lo strumentario per rendere più facile il percorso a chi adesso vorrebbe affacciarsi a questa disciplina senza la necessità di una gavetta così lunga. Grazie anche al Corso base di Biblioterapia che ho creato all’interno dell’Accademia online di Biblioterapia e tecniche narrative è possibile capire quale strada intraprendere e se quella strada ci sentiamo di percorrerla. Non è stato difficile immaginare questi percorsi formativi: ho pensato a quello che avrei desiderato al tempo per me.

Un presente che è parte del futuro

Quello che è accaduto dal 2020 è quello che sto vivendo: non lavoro più in ospedale e vivo di biblioterapia. In questi tre anni e mezzo sono accadute tante cose, ma soprattutto sono cresciuto molto professionalmente.
Adesso serve guardare al futuro per crescere ancora. Aver iniziato un lavoro nuovo alla soglia dei 50 anni mi impedisce di arrestarmi. Continuo ad avere voglia di cose nuove, di studiare e applicare attività inedite, di ampliare le esperienze possibili. L’obiettivo del 2024 è quello di organizzarmi meglio e guadagnare più tempo per svolgere nuove attività. Di trovare tempo per leggere di più. Tempo per studiare e scrivere. E tempo per riposare? Certamente serve per decomprimersi dallo stress e recuperare la concentrazione. Ma se penso che quello che faccio oggi tutti i giorni è quello che facevo nel mio tempo libero quando lavoravo in ospedale, tutto cambia prospettiva.
È vero, adesso ci sono anche molte incombenze burocratiche e seccature organizzative di cui un tempo non dovevo occuparmi, ma fondamentalmente la biblioterapia mi ha donato una dimensione in cui sto bene: io, i miei libri e le persone che incontro.

Conclusioni

Mi porterà il 2024 il tempo in più che desidero? Non lo so. Intanto cerco di leggere tutti i libri che sostano in mia attesa. È la lettura la cosa più importante di tutto questo. Nel momento in cui le incombenze mi impediranno di dedicare tempo ai miei amati libri, sarà giunto il tempo di cambiare radicalmente le cose. Sperando che quel momento non arrivi mai, nei prossimi giorni mi godrò splendide maratone di lettura che serviranno al mio lavoro. O saranno semplicemente una parte della mia felicità.


* Questo scritto fa parte dei post dedicati alla biblioterapia che pubblichiamo a tre voci: 
Ana GutierrezIrene Monge ed io ogni mese affrontiamo un argomento cercando di parlare ognuno attraverso la propria visione. Questo mese (dicembre) è dedicato ai bilanci e al nuovo anno guardando al passato e al futuro.


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