Giornata della memoria 2024

Giornata della memoria: ha ancora senso?

Mi preoccupa non poco il post che sto scrivendo. Parlare del Giorno della Memoria dopo i terribili eventi del 7 ottobre 2023 e gli altrettanti terribili avvenimenti seguiti al primo attentato presta il fianco a fraintendimenti a cui è difficile sfuggire. Sento comunque il dovere di provarci perché oggi più che mai i libri possono aiutarci a fare chiarezza.

Contro il Giorno della Memoria

Nel 2014 venne pubblicato il libro Contro il giorno della Memoria di Elena Loewnthal, una studiosa di ebraismo. La sua tesi principale era che tale ricorrenza non può essere considerata un favore agli ebrei, bensì un momento necessario all’Europa. Ci sono genocidi che non hanno una ricorrenza per ricordarli, ma sono stati altrettanto terribili. La questione non è contro chi è sono stati rivolti, ma dove. Che la Shoah abbia avuto luogo in Europa è il vero motivo per cui il Giorno della Memoria ha senso di esistere. Finché lo si considererà un favore verso gli ebrei sterminati o quelli che vivono, mancherà il vero senso del ricordo. E il 27 gennaio scorso c’è stato qualche rimbrotto contro Israele mentre Elena Loewentahl diceva nel 2014:

Il ricordo della Shoah non ha nulla a che fare con la politica israeliana né con il suo governo, che sia di sinistra o di destra… La memoria della Shoah è presente ovviamente in Israele. Ma non c’entra con la politica.

Il ricordo dei Giusti tra le Nazioni

Nel libro Il tribunale del bene, Gabriele Nissim racconta com’è nato il Giardino dei Giusti. Si tratta di un luogo che commemora coloro che salvarono la vita anche a un solo ebreo, considerando la citazione biblica che dice che

Chi salva una vita salva il mondo intero

Un romanzo, certamente per la maggior parte inventato e, forse, un po’ troppo melenso, dal titolo Finché le stelle saranno in cielo di Kristin Harmel, racconta un fatto storico di cui non si parla mai, ovvero di come in Francia alcuni musulmani si prestarono per salvare degli ebrei. Si tratta di una comunanza tra persone che oggi sembra impossibile, ma che, invece, è davvero accaduta e che dovrebbe farci riflettere sulla possibilità che non sono le religioni a creare divisioni, ma il modo politico in cui le si utilizza.

Perché ricordare

Il ricordo non è un risarcimento, le vittime non devono ringraziarci per questo, ma siamo noi che abbiamo bisogno di questi momenti per non dimenticare ciò che è accaduto, sperando che questo ci aiuti a maggiori consapevolezze. E non si può neppure affermare che la memoria impedisca agli uomini di commettere gli stessi errori perché sappiamo bene che non è così. Dalla Palestina e Israele all’Ucraina, dall’ex-Jugoslavia fino alle ex Repubbliche Sovietiche, partendo dal genocidio armeno fino a raggiungere quelli di cui non conosciamo neppure il nome, ogni tipo di brutalità commessa dovrebbe essere ricordata per renderci consapevoli che il vero problema è essere nati nel luogo “sbagliato” con una religione e/o etnia “sbagliata”. Ci sono colpe che non sono colpe, ma l’odio le rende tali.

Conclusioni

Sono arrivato in fondo a questo post, ma non so se indenne. Ciò di cui rimango convinto è che la memoria serve a me, ai miei figli, a tutte le persone che mi circondano. Serve per tenerci in allerta non verso l’esterno, che se ne fa beffa di quello che desideriamo, ma verso noi stessi. Temo l’odio che potrebbe nascere in me. Il tentativo dei mass-media e dei social di farci prendere posizione anche a costo di fornirci fake-news anziché notizie autentiche è continuo e pesante. Ricordare ciò che è accaduto ci aiuta a dubitare. Chi ha certezze mi fa paura. Preferisco tenere i miei dubbi e allargare le braccia verso le vittime e non verso i principi sterili.


* Questo scritto fa parte dei post dedicati alla biblioterapia che pubblichiamo a tre voci: 
Ana GutierrezIrene Monge ed io ogni mese affrontiamo un argomento cercando di parlare ognuno attraverso la propria visione. Questo mese (gennaio) è dedicato al Giorno della Memoria.

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