Party letterari

Party letterari: eventi utili o moda?

Negli ultimi mesi si è parlato molto di party letterari. L’idea è partita dagli Stati Uniti e sta avendo un’eco non indifferente. Ma di cosa si tratta? E perché dovrebbero essere importanti? E poi: lo sono davvero?

Letture, chiacchiere e smartphone banditi

Chi di noi lettori navigando in rete non ha trovato notizie della diffusione dei party letterari partiti dagli Stati Uniti in vari canali come questo qui? Questi mesi siamo letteralmente stati invasi da questa iniziativa che viene presentata come rivoluzionaria. Confesso che ne sono stato attratto anch’io, poi il mio lavoro mi ha imposto un’osservazione più attenta. Ho cercato quindi di analizzare gli elementi che compongono questi party, che sono: 1. il deposito degli smartphone in entrata; 2. la lettura personale come parte centrale; 3. la possibilità di chiacchiere successivamente. Non stupisce che questa iniziativa sia nata negli USA dove notoriamente la lettura personale e i gruppi di lettura sono molto diffusi. I party sembrano un’appendice di tutto questo, un’evoluzione. O forse no, dato che appare come un valore importante di questa iniziativa il farsi sequestrare il cellulare per leggere. In questo binomio c’è qualcosa che non mi torna e che serve capire meglio.

Lettori e smartphone: binomio possibile?

Da lettore forte questa storia per cui qualcuno dovrebbe sequestrare il mio smartphone per permettermi di leggere, mi suona davvero strana. Se stai leggendo questo post e sei un lettore, ti chiedo: se vuoi o non vuoi leggere è lo smartphone a condizionarti? Io non lo credo proprio. È vero che condiziona le nostre vite, ma se un lettore decide di leggere un libro, non c’è cellulare che possa distrarlo, spesso neanche le persone attorno a lui hanno il potere di distoglierlo se il libro che ha tra le mani è quello giusto. Questo condizionamento è più dei non lettori a mio avviso, quelli che adducono alla mancanza di tempo il non leggere, quando invece passano le ore a scrollare social. E queste persone certamente non andranno mai a un party letterario, nemmeno per curiosità. Non credo che questa sia un’iniziativa che possa essere utile per promuovere la lettura. Credo piuttosto che potrebbero entusiasmarsi chi già è lettore, magari chi partecipa ai gruppi di lettura e si lascia conquistare da un modo ancora diverso di condividere l’amore per i libri. Di cui però il suo cuore è già pieno.

Lettori e chiacchiere

Chi lo dice che i lettori non parlano tra loro? E chi può affermare che non esistano già luoghi e modalità per discutere di libri? Ovvio che sto parlando dei laboratori di biblioterapia, ma non solo. I gruppi di lettura sono stati i primi luoghi dove parlare di libri. E poi ci sono le biblioteche. Qualcuno pensa davvero che siano luoghi di non socialità? Lo sanno bene gli studenti che vanno in biblioteca per studiare e poi s’incontrano ai distributori di caffè o fuori dalla biblioteca per parlare e poi tornare a immergersi nello studio. Fare tutto ciò in un party è certamente più cool e forse rende le cose più modaiole, ma questo è un discorso ben diverso dal dire che è un luogo che ha la funzione specifica di allontanare dai device e stimolare la socialità. I lettori, a mio avviso, non hanno bisogno di questa nuova moda perché loro già sanno vivere la lettura in questo modo.

Conclusioni

Non voglio assolutamente scagliarmi contro i party letterari: ben venga tutto ciò che può creare momenti di amore per i libri e la lettura. Cosa diversa è considerarli la panacea di tutti i mali. Certamente suppliscono a qualcosa che in molte biblioteche ancora manca: la modernizzazione del modo di starci, di viverla e di promuoverla. Se da una parte ci sono biblioteche immobili, legate al solo prestito o poco più, dall’altra c’è troppo silenzio attorno a quelle che si stanno aprendo quali luoghi dove lo smartphone lo tieni spento senza bisogno che ti sia sequestrato, leggi tutto quello che vuoi (senza classismi, del tipo “i graphic novel non sono veri libri”) e trovi qualcuno con cui parlarne in modo più o meno informale. Quindi: e se invece di pagare per partecipare a un party letterario privato (i party letterari non sono gratis), spendessimo, magari un po’ meno, ma per sviluppare qualcosa di ancora più bello, ma in ogni biblioteca (che sono tante e che sono vicine a ognuno di noi)? Potrebbe succedere che un’iniziativa simile diverrebbe talmente rivoluzionaria che sarebbero gli americani a importare una nostra idea. Idea folle? Forse sì, ma sono convinto che non ci manchi niente per essere creativi e amanti dei libri fino a questo punto.

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