Wita Szulc

Wita Szulc è professore di Pedagogia all’Università Zielona Góra, Cattedra di Laboratorio di Terapia dell’Arte (Polonia). Numerose le sue precedenti esperienze: Professore presso l’Università Adam Mickiewicz di Poznan e l’Università di Wrocław; co-fondatore (2003) e primo presidente dell’Associazione dei terapisti d’arte polacchi “Kajros” www.kajros.pl; presidente del Comitato Scientifico della rivista polacca “Przeglad Biblioterapeutyczny” (Bibliotherapy Review) e membro permanente del Comitato editoriale del “Nordic Journal of Music Therapy”. Davvero numerose le sue pubblicazioni, gli incarichi e i titoli conseguiti. E’ considerata la figura più importante per la diffusione della biblioterapia e materie affini della Polonia e figura di spicco in Europa. 

Quando e come hai iniziato a lavorare con la biblioterapia?

Il mio primo incontro con la Biblioterapia è avvenuto nell’anno 1980. A quel tempo ero un Adjunct (PhD) presso l’Università di Scienze Mediche di Poznani e come capo del Dipartimento di biblioteche cliniche (per il personale medico di servizio) una volta ho partecipato a una conferenza sui metodi di trattamento non farmaceutici organizzata dall’Università di scienze mediche a Katowice. Là ho sentito parlare della biblioterapia e della musicoterapia come metodi a supporto del trattamento dei malati di mente. Ispirata da questi approcci innovativi, ho iniziato a condurre la mia ricerca sul campo analizzando i servizi delle biblioteche negli ospedali situati nella città di Poznan, con particolare attenzione alla lettura da parte di pazienti con problemi motori. Ho poi scoperto “il grande mondo delle arti terapie” alla III conferenza europea ECArTE a Ferrara (1994). Alla fine di questa conferenza a ogni partecipante è stato chiesto di rispondere alla domanda: “cosa significa per te la terapia artistica?”. Ho risposto in italiano: L’Arte terapia è miglioramento della vita. È anche la mia opinione sulla biblioterapia come una delle forme di terapia attraverso l’arte.

La Polonia ha una lunga tradizione nell’uso dei libri a scopo terapeutico che risale agli anni ’20. 

Raccontaci come usi i libri e lo storytelling nelle tue attività?

Il mio motto in tutto il mio lavoro accademico è preso in prestito dall’iscrizione latina sopra la porta della Biblioteca dell’Università di Durham (Gran Bretagna): Non minima pars eruditionis est bonos libros nosse. (“Non ultima parte dell’erudizione è conoscere buoni libri”)

Durante il mio lavoro biblioterapeutico utilizzo un mio concetto di terapia che ho chiamato “Terapia della cultura”. È un “termine ombrello” che si riferisce ai diversi tipi di terapia che utilizzano i media culturali come strumento terapeutico. PAROLA e LIBRO  sono strumenti terapeutici nella Biblioterapia e nella Terapia narrativa. Conduco ricerche sistematiche in questo settore dagli anni ’90. Il mio obiettivo principale è la terapia mista, per bambini e adulti, e la terapia della reminescenza.


Utilizzando metodi di terapia narrativa applico l’esperienza e le scoperte della ricerca di studiosi italiani come Duccio Demetrio e Michele Cavallo. Mi interesso anche alla fiaboterapia. Sono anche interessata alla Terapia Reminiscente per le persone che soffrono di traumi dopo essere state costrette a lasciare il proprio habitat a causa delle condizioni di guerra, pulizia etnica e massicci movimenti di persone. 

Quali sono i tuoi piani per il futuro?

La biblioterapia, come forma di terapia che usa i libri, deve adattarsi ai cambiamenti tecnologici e alle moderne modalità di comunicazione. La natura umana però rimane immutata: la sensazione di perdersi nel mondo, la paura della solitudine e della perdita, il desiderio di amore e amicizia… Tutte queste esigenze possono essere soddisfatte attraverso la lettura e il racconto. Nel mio lavoro didattico con gli studenti di pedagogia, così come all’interno del corso di recente apertura sulle “Terapie artistiche”, faccio del mio meglio per sensibilizzare gli studenti e incoraggiare l’auto-riflessione sulle proprie emozioni.

Percepisco il futuro della biblioterapia in combinazione con altre forme di terapia attraverso l’arte, come la musica, il teatro e persino l’ortoterapia (piante nelle biblioteche, vista dalla finestra su un giardino). Attualmente sto lavorando a un libro: Perché le artiterapie ? Storia personale e, allo stesso tempo, sto pensando al mio prossimo libro: Parole curative. Biblioterapia e terapia narrativa.

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